sabato 11 luglio 2009

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Mi definisca "fumetto"

C'era una volta, tanto tempo fa, una diatriba tra i critici sulle origini del fumetto. In realtà il problema era mal posto perché è evidente che per chiarire l'origine di qualcosa bisogna, come primo passo, darne una definizione condivisa. In passato ciascuno proponeva (o sottintendeva) la sua definizione di "fumetto" e il discorso che poi elaborava aveva una perfetta coerenza interna. Un dialogo tra sordi in cui tutti avevano ragione. Oggi la situazione non è tanto cambiata, ma mi sto rendendo conto che, come spesso accade, non è la disputa teorica a indicare la via giusta quanto l'evoluzione stessa del mondo.


Il problema impostato a grandi linee, e una bibliografia sull'argomento, si può trovare su Wikipedia alla pagina sulla Storia del Fumetto. Qui mi limito a fare un paio di esempi. Nel saggio critico dello spagnolo Roman Gubern intitolato Il linguaggio dei comics (1972), l'autore esponeva chiaramente il suo pensiero: i fumetti non hanno niente a che fare con le pitture rupestri, con l'arazzo di Bayeux ecc. Affermarlo significa "coprire una cattiva coscienza culturale tentando di nobilitare l'origine storica dei fumetti", e va considerato "mera ostentazione di erudizione di scarso valore scientifico". Il suo punto di vista si basava su due considerazioni:
1) Il fumetto è, per sua natura, un mezzo di espressione di massa, al contrario dei suoi presunti antecedenti culturali: vi è, dunque, una differenza quantitativa di diffusione;
2) Il fumetto trova la sua espressione nell'industria giornalistica, ovvero è inscindibilmente legato al supporto, che ne condiziona "lo spazio disponibile e la conseguente economia estetica".

Il libro è anche bello e piacevole, ma la tecnologia del 2000 ha dimostrato che quest'approccio è collocato storicamente e, per questo, ormai superato:

1) Ciò che è di massa è la società, prima del fumetto. Oggi sono migliaia i turisti che visitano, e "leggono" l'arazzo di Bayeux o le pitture rupestri ogni anno. Oppure se li possono guardare su internet (= tante copie, diffusione). Viceversa, se i fumetti fossero stati inventati all'epoca dei manoscritti, ben pochi avrebbero potuto apprezzarli.
2) L'arrivo di internet ha spazzato via questa concezione. La rete apre porte illimitate, per lo più ancora da scoprire. Vedi questo, ad esempio. Il supporto cartaceo, inoltre, è destinato a scomparire nel giro di pochi decenni, ormai. I vantaggi dei Kindle del futuro (la comodità di avere una biblioteca in un palmare, la possibilità di avere un libro in tempo reale, i costi ridotti per via del supporto digitale, la fine dei disboscamenti selvaggi ecc.) saranno troppo grandi per poterne fare a meno. E i fumetti che leggeremo sui supporti digitali, siano essi scansioni di fumetti cartacei o cose costruite con meccanismi nuovi, saranno sempre "fumetti".

A distanza di trent'anni dalla pubblicazione del libro di Gubern, è facile fare critiche di questo tipo, ma quello che volevo fare non era smontare una vecchia tesi, quanto mostrare come l'evoluzione stessa della società porti risposte sempre più chiare in merito ad argomenti che sono stati per lungo tempo dibattuti senza soluzione (e al contempo, apra problematiche nuove).

Oggi mi affido di più ad un'altra definizione che è stata data in tempi più recenti. Nel 1985, Will Eisner, uno che i fumetti li sapeva fare, scrisse un libro (Comics & Sequential Art) che non voleva essere un trattato teorico, quanto un riassunto pratico di quello che serve per fare un fumetto. In sostanza quello che ha fatto è stato destrutturare il fumetto per arrivare ai nuclei minimi fondamentali (tempo, repertorio figurativo, cornici ecc.), spiegarli, e poi mostrare come si ricompongono creando un significato "sequenziale", che è l'opera finita, il "fumetto". Partendo da questa analisi Scott McCloud, nel suo Capire il Fumetto (1993), giunge ad una definizione di "fumetto" che punta solo alle caratteristiche del medium, concentrandosi sul fumetto come "messaggero". La sua definizione è: "Immagini e altre figure giustapposte in una deliberata sequenza, con lo scopo di comunicare informazioni e/o produrre una reazione estetica nel lettore". Naturalmente, con questa definizione - anche piuttosto generica - anche le pitture rupestri e l'arazzo di Bayeux sono incluse nella Storia del Fumetto.

Oggi è questa la definizione che preferisco. Però, sotto sotto, ho un sospetto. Che sia anche questo un approccio storicamente collocato, che tra trent'anni non andrà più bene? Con internet, le premesse ci sono tutte. Staremo a vedere.

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